Atlantis/America
Datele la ricompensa che si è guadagnata, e fate che le sue opere ricevano il plauso, alle porte della città.
(Proverbi; 31,31)
Nascosta dal suo stesso segreto e da se stessa, la città sommersa giace in fondo al grembo verde dell’Oceano, in attesa.
Viali d’oro coperti da spessi strati di alghe, dove danzano manta in processione monocromatica, seguite dal sorriso dei delfini.
In attesa, nell’abisso fresco di un lago sottomarino, alte le guglie mute aspettano l’arrivo di una corrente tiepida che doni, col suo prezioso alito, la vita, nuovi riflessi agli antichi riflessi, chiavi di giada alle chiavi di ferro.
E i padiglioni dove cantò la civiltà, prima dell’era delle spade, quando pensiero era potere e volontà, risuonino di musiche dolcissime, tappeto d’ambra per il lento passo lieve dei verdi sandali di Antinea, Regina delle correnti eterne dell’Atlantide.
"Vi sia un firmamento tra le acque che separi le acque dalle acque."
(Genesi; 1,6)
Il Corridore delle Onde volgeva lo sguardo, seguendo quello che gli parve un richiamo -voce di vento gelato ingolfava le vuote navate di duomi pagani, rimando le stanze incomplete di un canto d’Inverno- donava i suoi passi alla pista di pietra che porta ai deserti bianchi del nord, dove fu trasformato in una statua d’oro, iridescente.
Mentre iniziava la marcia, scintille di note caddero dai suoi capelli, raccolte dal maestrale, che ne impedì l’infertile matrimonio con la sabbia sottile della spiaggia, trasportandole oltre la Marea, ancora oltre le Onde al largo, dove l’inerzia del vento finì -o fu per sua decisione- e le note quelle Acque abbracciarono, delegate dal Tempo, dalle sue decisioni.
Giù nel profondo, dall’azzurra superficie giù, in vaste, scure, silenziose profondità, sfiorando delfini sorridenti e accigliate orche, le incostanti manta e le moltitudini senza nome, che abitano, da sempre e per sempre, quell’universo.
Note di melodia tiepida, spirito del Corridore fatto oro -in cammino, a quel tempo, nelle distese gelate del nord, prigioniero di un canto d’Inverno- giunsero sulla guglia più alta di Atlantide, la torre di opale, dove la Figlia delle Costellazioni, Madre dell’Oceano, dormiva il suo magico sonno, distesa -anima senza divinità- su seta tessuta di corallo.
Come un’onda in un filo sottile e invisibile, teso fra due stelle separate dal vuoto senza gravità, nell’attimo in cui la marcia del Corridore terminava, e la sua essenza di carne diventava freddo oro, gli occhi eterni di Antinea Regina si aprirono.
Non destate, non scuotete dal sonno l’amata, finché non lo voglia.
(Cantico dei Cantici; 8,4)
Antinea sollevò il capo, meravigliata: dopo la vita, era ancora vita.
Armonie sottomarine cantavano per lei -nei flussi di correnti, nel moto pigro e lento delle alghe, che danzavano fra le colonne- e le sue bianche membra, accarezzate dalle note cadute dai capelli del Corridore -secoli prima, attimi fa- già tracciavano percorsi, fra le navate ricoperte del fiato del Tempo che fu, prima dell’Alluvione.
Ricordava processioni di eserciti, sale piene di risate e sospiri, promesse e tradimenti -tutto ciò che allora comprendeva il suo Dominio, sotto la sua benevola ferrea mano, prima dell’Alluvione.
Ora poteva sentire di nuovo le note di un richiamo, che rispondeva a un richiamo. Una statua d’oro attendeva di essere fatta nuova carne. Lassù, fra i ghiacci del Grande Nord, sotto il Grande Cielo.
Abbassando le lunghe ciglia nere, brillanti di seta, in segno di sdegno, le labbra, Antinea pose i piedi a terra e -dopo secoli, attimi, ore- sandali verdi percorsero ancora le lunghe navate del Regno sommerso di Atlantide eterna.
Le macchine ronzavano, nella vasta sala, come avrebbero sempre fatto. Antinea si avvicinò con passi leggeri allo schermo centrale, e sfiorò la tastiera con le lunghe unghie della mano destra. Sorridendo si connesse al terminale, e aprì il programma di ricerca, per individuare la fonte del segnale dorato. La prima cosa che apparve ai suoi occhi fu una schermata nera, piena di segni, che l’unità tradusse immediatamente nella sua lingua:
Antinea lesse. Una storia per certi versi strana, con un uomo vestito di pelli, un cane, altri personaggi.
La Regina di Atlantide scorse le pagine sullo schermo, avidamente, assimilando quelle informazioni. Il resoconto di una ricerca, che stava conducendo quel gruppo di personaggi a Nord, oltre le terre abitate.
Antinea sorrise. Qui iniziava il Richiamo che aveva legato il suo destino a quello del Corridore delle Onde. Quella pietra -dentro la quale nessuna vita pulsava, e l’elaboratore non poteva sbagliare, nella sua analisi- aveva amplificato la percezione dello spazio, e del tempo; il Corridore, da quel momento, era diventato parte dell’Acqua nell’Acqua in cui Antinea dormiva il suo sonno.
Eccolo, quindi, il Corridore, di fronte alle vaste onde dell’Oceano, con la sua asse da Surf, pronto a cavalcarle, mentre l’Acqua nell’Acqua diventava più forte, e qualcosa, dall’anima del Corridore, si staccava, e trasportata dal vento, prima, dalle correnti sottomarine, poi, giungeva fino alle guglie di Atlantide, svegliando Antinea dal suo sonno millenario. Pochi minuti prima, un secolo fa.
Seguivano pagine con il resoconto di un viaggio in una terra dallo strano nome, che Antinea però conosceva: l’America. tappe, incontri, una meta prefissa, lunghe divagazioni. La presenza di una figura simile a lei, un’Ondina scalza che il Corridore cercava, e cercava di raggiungere, al termine del suo Viaggio.
Infine l’arrivo. E l’incontro con l’Ondina.
Antinea era giunta al presente. E proprio in questo punto lo avrebbe chiamato a sè.
Digitò dei codici sulla tastiera, osservando i segni che riempivano lo schermo. Poi pigiò il tasto INVIO.
Un lampo di luce, un rumore come di tamburi battuti con vigore da bacchette d’oro. Antinea volse le spalle allo schermo.
-Benvenuto- disse al Corridore seduto per terra, che la fissava confuso.
-Non mi pare la California, questa...- borbottò l’uomo, massaggiandosi le tempie.
-Non lo è, infatti. E al tempo stesso lo è. La California è lassù, sopra le Onde- rispose Antinea.
Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i Sogni; e nello Spazio e nel Tempo d’un Sogno è racchiusa la nostra Vita.
(La Tempesta; Atto IV, Scena I)
Si riscosse al suono della voce che, dall’altoparlante, annunciava l’arrivo del rapido delle 7,30.
Si era appisolato sulla panchina di marmo, continuando il sonno interrotto un’ora prima dalla sveglia, e aveva fatto un bellissimo Sogno. Evoluzioni su un’asse da Surf, un viaggio ’on the road’ in America, alla ricerca di un’Ondina scalza, che indicava l’orizzonte, sulla battigia di una Spiaggia Bianca. “E una musica stupenda...”, pensò, -”un incrocio fra il miglior Tim Buckley e i My Bloody Valentine...”. Sirene e Angeli, insomma.
Immagini e personaggi ricorrenti, nel sogno, le Sirene e gli Angeli, che incontrava sulla strada, in sabbie lontane ma piene di luce, nelle profondità dell’Oceano... Antinea, c’era anche Antinea, la regina di Atlantide, nel suo Sogno, con gli occhi color smeraldo striati d’oro...
Sollevò lo sguardo sul muro di fronte a lui, dove campeggiava il poster di un’agenzia di viaggi che proponeva vacanze in California. Era uno di quei manifesti pieni di illustrazioni, con immagini delle principali città del Sunny State: Los Angeles, Santa Barbara, San Francisco...
Non ricordava molto, del sogno, a parte quei particolari, e come tutti i sogni sarebbe presto scivolato via completamente dalla sua memoria, mentre la giornata procedeva, con le quotidiane incombenze, spazzando via le fantasie delle ore troppo vicine all’alba.
C’era stato, una volta, in America, da piccolo, con sua madre, sulla East Coast. Non gli sarebbe dispiaciuto tornarci ancora, e vedere qualcuno di quei posti immortalati sulle cartoline del poster. O uno di quelli che lì non veniva riportato.
“Ci sarà occasione,”-, pensò, -”la vita è lunga...”, la voce dell’altoparlante annunciò l’arrivo del suo treno.
Si alzò dalla panchina, prendendo la borsa di pelle con i documenti, che aveva poggiato accanto a sé.
Una musica improvvisamente lo scosse dalle sue fantasticherie. Song to the Siren di Tim Buckley. Non riusciva a capire da dove venisse. Si girò intorno, cercando la fonte di quei suoni.
-E’ suo questo?- una voce, alla sua destra. Un adetto alla sorveglianza gli stava porgendo qualcosa. Guardò l’oggetto nella mano dell’uomo. Un libro con la copertina rigida. Il titolo era L’America.
-Si,- disse, -è mio.
Allungò la mano e prese L’America.