Roberto vive!
Chiude senza cerimonie la porta dell'ufficio, e pensa: "In simili circostanze anch'io avrei fatto lo stesso". Il cuore del problema.
Da qualche tempo la vita di Roberto è una serie di congetture, ipotesi inquietanti che un'illuminazione da tarda notte, complice una cena cinese mal digerita, e un telefilm che si trascina da troppe puntate senza veri sviluppi, ha messo in fila indiana: la gente è prevedibile, c'è poco da discutere. E questo è solo il titolo del libro, perché scorrendo l'indice, i capitoli si susseguono con banale immediatezza, e quando il libro è terminato la risposta può essere solo negativa, il giudizio: una condanna.
Ogni personaggio incarna una specifica caratteristica che Roberto trova rispecchiata in sé. Ma in lui sommata a decine di altre particolarità -luci scintille e zone d'ombra- che formano un tutto. Si incontrano spesso noiosi logorroici da salotto che si presentano come artisti, fra quelle pagine, prevedibili caricature di gente con problemi di identità, di forfora, vista o calvizie precoce, sudorazione eccessiva e placca dentale. Basta osservare come muovono gli occhi per classificarli: quello è un pittore, quell'altro scrive d'avanguardia, il tipo vestito di nero pettinato da un gatto in crisi d'astinenza è un agitatore -scusate la parolaccia- multimediale. Quello in fondo, vicino al bar, un figlio di papà indispensabile per l'arredamento.
Da quando Roberto si è accorto con terrore di cavarsela niente male con pennelli, chitarre elettriche e/o fogli bianchi, evita accuratamente di definirsi in altri termini che: "perditempo con le spalle coperte". Non sia mai che qualcuno si arricchisca con le sue note spesa, dopo la sua morte.
C'è una metafora che potrebbe chiarire il suo pensiero: queste persone, disponendo ad un certo punto della propria esistenza un mazzo di carte su un tavolino, ne hanno scelta una ed una sola, quella che gli pareva la più bella, la più colorata, o semplicemente la meno impegnativa e più alla moda da indossare -il Fante di Cuori è molto impegnativo; dell'Asso di Picche non parliamo neanche-, ficcandola nel portafogli vicino alla carta d'identità, per i momenti di confusione, e finendo per somigliare alla figura stampata sopra. Come certi cani che hanno la stessa faccia del padrone, insomma.
Roberto invece si illude di giocare con l'intero mazzo, lasciando al caso, o Chi ne fa le veci, il compito di dare le carte. Accetta quindi l'eventualità di essere spazzino un giorno e spazzatura il giorno seguente. Nulla di male, una stimolante incertezza. Per quel che vale far progetti... i progetti non giocano a carte.
Certo anche lui potrebbe deviare il corso dei propri talenti -fra le altre particolarità che fanno punteggio: è un ottimo giardiniere, Roberto, chiunque può confermarlo. Con secchi movimenti del busto riesce a potare contemporaneamente due siepi prospicienti-, presentarli al suo conto in banca e mandarli a cena assieme. Oppure chiuderli in una stanzetta buia, dentro uno scatolone con su scritto "prove d'immaturità", dove nessuno andrebbe a cercarli. Poi, con la benedizione dei ridenti paladini del buon vivere sociale, organizzarsi, cercando un impiego decoroso. Fare un po' come Betti, che ha perso parecchie cose oltre al colore naturale dei capelli, ma è uno produttivo, e il Comune gli ha regalato un teatro perché recita bene quando dovrebbe lavorare, e lavora come se fosse sempre su un palcoscenico, illuminato dall'occhio di bue.
E che dire di Carla, come esempio illuminante? Lei ascolta il suo lato oscuro e fa khundalini yoga, prega di non essere abbandonata dal suo uomo dell'ora, mentre affila coltelli e non spazza mai il pavimento. Scontata come un'allergia primaverile.
Ultimamente ha preso a dare ai propri bisogni fisici nomi di nuvole, e d'estate, in ricercata solitudine che non manca mai di far pesare ai pochi amici che le rimangono, legge esclusivamente romanzi scritti fuori tempo massimo, che terminano con qualcuno che muore dopo aver fatto un bel monologo -al telefono o interiore fa lo stesso-, e si disgrega nello stretto spazio fra cielo e terra, quello dove sostano pulviscolo e smog.
Carla -una ragazza dai capelli troppo lunghi e le gambe troppo corte- finirà per parlare con gli alberi ed interessarsi troppo a cocktail e cocaina.
Roberto è sicuro che scegliere una carta sbagliata sia estremamente facile. Nel suo caso porterebbe a una tragedia: nell'esercito delle proprie personalità ce n'è una che somiglia pericolosamente a Luca.
In definitiva, scegliere di essere un'entità significa sopprimerne decine di altre. E diventare prevedibili. Questo pensa Roberto, da qualche tempo; in linea di massima è sempre riuscito a figurarsi il comportamento degli altri, in quasi ogni circostanza, e fino a poco fa, talvolta a giustificarlo.
Sa benissimo di non essere così, lui, e questo, nella sua visione allegorica dell'esistenza, lo rende simile ad un mosaico, mentre gli altri sono affreschi. Anche se non gli sarà di molto aiuto, in una società in cui è necessario essere specialistici persino nei bisogni corporali, allontana la possibilità di diventare un Belli, una Carla o un Luca; motivo di sollievo, per Roberto, perché, diciamolo francamente, come modelli di vita i signori di cui sopra lasciano alquanto a desiderare.
Come vampiri, invece, se la cavano benissimo. Senza dubbio Roberto ricorda loro qualcosa, forse calzavano anche loro anfibi, prima di entrare in banca o laurearsi. Se Roberto sia un'immagine sfocata, e per questo più interessante del poster definito, ma polveroso, che essi sono diventati -e che in fondo non è mai piaciuto a nessuno-, lui non sa dire. Né è riuscito ancora a chiarire se rappresenti per loro una minaccia, ed in quanto tale sfruttabile solo fino ad un certo punto, oppure la gente provi nei suoi confronti dei sinceri sentimenti di stima ed affetto, i quali però, dopo il lungo viaggio dal cuore al cervello, somigliano ad un videotape registrato troppe volte.
Roberto ha l'impressione che, stando troppo a lungo con una persona, questa finisca per assumere camaleonticamente i suoi colori, sbiadendolo nel contempo.
Anche oggi, uscendo dall'ufficio, scivolando indifferente nel flusso dei soggetti produttivi, inquadrati, e riflettendo sulle lineari proposte che l'ultimo di una lunga serie di responsabili ha espresso circa la linea aziendale da tenere -non trovando assolutamente nulla di anche lontanamente razionale in tutta quell'aria fritta-, ha comunque capito che, ribaltate le parti, si sarebbe comportato allo stesso modo. Per dovere, abitudine ma, soprattutto, per paura.
Ammesso che, per una volta nella vita, anche lui potesse provare la paura di tendere allo zero.
Mentre in strada, dondolandosi sul ciglio del marciapiede in attesa che il flusso di auto, scooter, biciclette e carrozzini con mamme annesse diminuisca, consentendogli di attraversare, guarda a destra e a sinistra, passa mentalmente in rassegna varie situazioni e personaggi -reali o meno- coi quali è venuto in contatto durante la sua ancor breve permanenza in questo globo terracqueo, realizzando come tutti, in un modo o nell'altro, abbiano tradito le sue aspettative: chi assicurandogli redenzioni senza tener poi fede alla Parola, chi presentandosi come amico, ma con un contratto da fargli firmare; chi lo ha spedito a nord e chi a sud, chi per vie laterali o vicoli ciechi, secondo logiche tuttora oscure; chi infine lo ha atrocemente ignorato. Collegando questi fatti, che al di là dell'apparente varietà hanno in comune due cose: la prospettiva, regolarmente frustrata, di un'evoluzione esistenziale e la conclusione, sempre la stessa -qualcuno che conosce benissimo, se stesso, riceve un corpo estraneo nell'orifizio sotto il coccige-, Roberto intuisce come il comun denominatore sia proprio la paura. Ognuna di quelle persone si riflette in lui, è vero, ma -ecco il punto- una volta sovrapposta la propria immagine a quella di Roberto, si accorge che quest'ultima contiene la loro, ed avanza sempre spazio, molto spazio ancora libero. Ciò li terrorizza.
Questo ha capito oggi Roberto: lui somiglia sempre meno ai propri nemici. Perché, al contrario di loro, non ha paura. Meglio non sapere niente del domani, e gettarcisi a capofitto, piuttosto che vivere in un eterno oggi.
Scarabocchiato su una cassetta delle lettere, qualche metro più in là di un cineclub dove a volte capita il film del mese, un graffito in maiuscole porpora conferma: ROBERTO VIVE!